MUSE Live
Recensione del concerto dei Muse del 28 Giugno 2013 a Torino (con un leggero ritardo).
I Muse, una alternative rock band che non ha bisogno di presentazioni. Osannati da alcuni e criticati da altri sono comunque una delle poche band della loro generazione ad aver raggiunto uno status planetario, capaci di riempire gli stadi un po’ in tutto il mondo.
Bellamy in corsa sul palco.
Sono ormai passati 14 anni da “Showbiz” il loro album di esordio. Nel tempo si sono confermati come una realtà musicale in crescita, sostenuta dall’eclettismo del cantante Matthew Bellamy e da una ricerca sonora che riesce a riempire efficacemente ogni spazio, nonostante il gruppo sia sostanzialmente un trio.
Quello che si dice un inizio col “botto”… Quelli più vicini alla piattaforma si sono scaldati.
Lo show proposto dai Muse a Torino (e in generale nel tour di “The 2nd Law”) è potente, sia dal punto di vista sonoro che visivo. Un megaschermo, composto da svariati schermi più piccoli, sta alle spalle della band e copre praticamente tutta la larghezza del palco, mostrando all’inizio un macchinario apocalittico, realizzato in computer grafica, che dà un’inquietante impressione tridimensionale.
Con il combustibile utilizzato per questi effetti speciali magari ci si scaldavano totmila famiglie per tutto l’inverno.
In aggiunta al notevole comparto visivo vengono lanciate verso il cielo potenti fiammate, una delle quali dal centro della piattaforma di fronte al palco principale. La vampata di calore arriva immediatamente fino al fondo dello stadio. Chi stava sotto il palco, e non si aspettava una cosa del genere, rimane abbastanza scosso dall’impatto. Altre 6 bocche di fuoco sono situate in cima all’impalcatura alle spalle del palco e, man mano che la luce del giorno lascia il posto all’oscurità, l’effetto diventa sempre più spettacolare.
I rettiliani suonano…
…e i politici ballano…
A completare il tutto ci sono le riprese in tempo reale, gestite da un’ottima regia, che portano sui megaschermi le immagini dei musicisti, oltre a contributi in video grafica creati appositamente per lo show. Ad esempio in “Panic Station” (brano che musicalmente ha un debito nei confronti di “Trampled Under Foot” dei Led Zeppelin) vengono mostrati dei personaggi in 3D che ballano e suonano. A suonare sono i “rettiliani”, mentre a ballare sono Obama, la Merkel, Letta e Papa Francesco. Pare abbastanza chiaro che i personaggi cambino a seconda della nazione in cui si svolge il concerto.
Uso improprio della pompa di benzina. Evitiamo facili battute.
Oltre a questo, in alcuni passaggi dello show, sul palco fanno capolino degli attori che interpretano le atmosfere evocate dai brani; ad esempio un banchiere che dapprima lancia banconote ovunque e poi si accascia al suolo in preda ad un infarto, oppure una donna d’affari impegnata al telefono che finisce con il suicidarsi bevendo dalla pompa di un distributore di benzina. Ad un certo punto una gigantesca lampadina-mongolfiera si accende in volo sopra il palco, portando con se un’acrobata che si esibisce in evoluzioni, sospesa in aria.
Lampadina volante con acrobata. Per la cronaca si tratta della stessa ragazza della pompa di benzina.
Tutte le rappresentazioni hanno riferimenti al clima apocalittico e complottistico dei testi delle canzoni. Non manca un disegno luci all’altezza della situazione. Infine, come già visto in precedenti esibizioni, i Muse sono musicalmente impeccabili, non sbagliano un colpo e offrono un impatto sonoro ed energetico notevole. Insomma, uno show sontuoso, quasi faraonico, che riecheggia di molte cose prese a prestito dai grandi del passato, dai Pink Floyd ai Queen, passando per i Led Zeppelin, giusto per fare qualche esempio.
Fine del concerto, i ragazzi si congedano.
Come dicevo all’inizio, si tratta di una band ormai planetaria, quasi come erano gli U2 a metà degli anni 80; la differenza è che quando gli U2 si affacciavano ad un successo di questa portata erano nel pieno dell’ascesa artistica e alcune delle loro produzioni migliori (ad esempio Achtung Baby) dovevano ancora partorirle; i Muse invece arrivano a questo livello dando l’impressione di avere già alle loro spalle la loro produzione migliore. Non resta che aspettare il prossimo album per vedere se mi sto sbagliando.
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