L’UOMO D’ACCIAIO (recensione)

MAN OF STEEL: “L’Uomo d’Acciaio” è davvero entrato nel 21° secolo.

 

La sera prima di andare al cinema mi sono rivisto il Superman di Donner, giusto per rispolverarlo e per avere una visione d’insieme. Nonostante l’affetto che porto al film del 1978 e all’interpretazione di Reeve, mi trovavo ben disposto nei confronti della pellicola di Zack Snyder. E il naso non mi ha tradito, perché è un ottimo film, con ottimi interpreti, grande ritmo, profondità e senza eccessivi buchi di sceneggiatura che ti fanno urlare al “maccosa…” ogni 5 minuti. Poi, per carità, è tutt’altro che esente da difetti e un po’ di “maccosa” ci sono lo stesso, ma i pregi li bilanciano abbondantemente.

 

Man of Steel

Superman in attesa dell’arrivo dei kryptoniani.

 

A leggere alcuni commenti sul web (più che altro di appassionati dei fumetti legati a una delle molteplici versioni che 75 anni di vita editoriale ci hanno mostrato) ci sono molti scontenti, perché ognuno porta con sé un’idea più o meno personale del personaggio: “Superman non avrebbe mai fatto così, Superman si comporta in maniera diversa” e via dicendo. Poi ci sono quelli che ce l’hanno a morte con Goyer (lo sceneggiatore), probabilmente perché hanno odiato qualche suo lavoro precedente. Infine ci sono quelli talmente attaccati ai film con Christopher Reeve che potrebbero lamentarsi sia nel caso si seguisse quel canone, sia nel caso in cui se ne prendessero le distanze.

 

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A partire da destra: Padre (Russel Crowe), figlio (Henry Cavill) e spirito patriottico (Michael Shannon)

 

Henry Cavill non è Christopher Reeve (e aggiungerei grazie al cielo) ma la sua interpretazione e il suo “physique du role” sono perfetti per questa incarnazione dell’uomo d’acciaio. Russel Crowe è il padre giusto sul pianeta giusto, mentre Kevin Costner anche. La madre di Superman su Krypton (Lara Lor-Van) è interpretata dalla bella Ayelet Zurer, mentre sulla Terra Diane Lane interpreta Martha Kent. Amy Adams non fa rimpiangere nessuna delle Lois Lane del passato, anzi… e non ce ne frega una mazza che non le abbiano tinto i capelli di scuro. Così come non ci frega una mazza che Perry White sia interpretato da un attore di colore come il grande (anche in senso non figurato, vista la stazza raggiunta) Laurence Fishburne (Matrix), perché fa un ottimo lavoro. Antje Traue nella parte della kryptoniana Faora è davvero tosta. E poi c’è lo Zod di Michael Shannon, patriottico e determinato, lontano dal modello di cattivo supremo alla ricerca del dominio assoluto.

 

Perry e Lois

Perry White (o la custodia di Morpheus) e Lois Lane.

 

Non ci sono elementi macchiettistici nell’interpretazione dei personaggi e il tutto, per quanto possibile in un film di supereroi, ha un taglio realistico. Tenete presente che questa è una storia di origini, il personaggio è in divenire. Superman è dipinto come un essere sovrumano e alieno, ma non onnipotente. Ha dei limiti, sia fisici che emozionali, e con quei limiti deve confrontarsi. È finita l’era del Superman in grado di far scorrere il tempo al contrario invertendo la rotazione del pianeta o di indurre un’amnesia selettiva con un bacio. I film di Donner si erano presi delle licenze (poetiche per carità) che oggi non avrebbero alcun senso.

 

MAN OF STEEL

L’inquietante e algida Antje Traue nella parte di Faora, braccio destro di Zod.

 

Il film ha uno svolgimento non lineare, con frequenti flashback tra Krypton, il passato di Clark Kent e il presente. La narrazione e la regia funzionano, anche se qualche ripresa fatta a camera ferma non sarebbe guastata.

Sul 3D non mi pronuncio perché lo detesto e lo trovo inutile, quindi l’ho visto in 2D. A sentire invece commenti di chi l’ha visto, il 3D pare decente, anche se l’uso a mano della cinepresa non aiuta la comprensibilità delle scene.

 

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Jor El e Lara Lor-Van con il piccolo Kal El.

 

Per quanto riguarda la musica siamo tutti affezionati alle marcette di John Williams, ma in effetti sarebbe stato veramente inadeguato appiccicare il tema musicale del vecchio Superman su Man of Steel. Il commento musicale di Hans Zimmer non è memorabile e riconoscibile come quello di John Williams, ma non è necessario, perché fa esattamente il suo lavoro, accompagna il film senza sovrastarlo, lo sostiene senza essere troppo retorico, è organico alla narrazione; in una parola: funziona.

 

Jonathan - Martha

Jonathan e Martha Kent.

 

L’unica grossa forzatura che ho trovato nella narrazione è la morte di Pa’ Kent (Kevin Costner). A pensarci c’è anche la questione della vista calorifica: essendo legata agli occhi non sarebbe sufficiente ruotarli per colpire un bersaglio all’interno del campo visivo?

Ad ogni modo, a proposito del finale, per quelli che sono pronti a dire: “Superman non farebbe mai una cosa del genere”… andate a rileggervi i fumetti, perché in 75 anni di pubblicazioni Superman ha fatto ben di peggio.

 

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Nel celebre ciclo di “Man of Steel” di John Byrne, risalente alla fine degli anni 80, Superman, incapace di garantire la sopravvivenza del pianeta di fronte alla furia dei 3 criminali kryptoniani, li giustizia con la kryptonite.

 

In definitiva è un film da vedere: è il Superman che molti (magari non tutti) stavano aspettando. Adesso, visto che gli incassi stanno andando alla grande, vediamo cosa succede con il sequel e l’universo espanso della DC Comics (Justice League, Wonder Woman Batman ecc.). La “Distinta Concorrenza” della Marvel sta tornando anche al cinema.

 

 

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